venerdì 9 novembre 2018

Significato e concetto del principio del primato della politica

Occorre innanzitutto definire il concetto di politica intesa, nella definizione di Pasquino come "l'attività che riguarda l'acquisizione, l'organizzazione, la distribuzione e l'esercizio del potere nell'ambito di uno Stato, ovvero fra gli Stati. Il potere è politico quando le sue decisioni possono essere fatte valere nei riguardi di ciascun componente di una collettività anche con il ricorso alla forza" (Pasquino 1995).

Bobbio, nella Teoria Generale della Politica, definisce un significato classico e uno moderno. In quello classico, il termine risale all'opera di Aristotele, intitolata Politica, che è da considerare il primo trattato sulla natura, le funzioni, le partizioni dello stato, e sulle varie forme di governo.

Il concetto di politica e quello di potere sono strettamente correlati. Il potere politico si caratterizza per l'utilizzo esclusivo del monopolio della forza, esclusività che a sua volta deriva dall'utilizzo monopolistico dei mezzi atti ad esercitare la coazione fisica.

Il monopolio della forza si caratterizza per essere uno strumento di garanzia per la pace interna e l'ordine civile, tuttavia, per essere utilizzato ed accettato dev'essere legittimato. La legittimazione deriva dal riconoscimento nei confronti dei soggetti istituzionali della loro rappresentatività degli interessi generali.

Considerato che il rapporto politico non può prescindere dal momento coattivo essendo l'idea stessa di politica basata su quella di nemico (vedi antinomia amico/nemico o avversario) si parla di primato della politica in quanto è la politica che ordina le comunità e le sintesi, che fissa le regole e le fa rispettare; la politica quindi comprende in sé tutte le altre relazioni.

A seconda del regime l'ordinamento della politica non avviene sempre nello stesso modo: in un regime totalitario presenta molte differenze rispetto a uno democratico.

Nell'ambito del concetto di primato della politica possiamo distinguere due significati, uno regolatore e l'altro interventista. Nell'accezione regolatrice il primato della politica decide sulla regolazione dell'uso della forza, in quella interventista la politica interviene nella società secondo la locuzione "tutto è politica"

Nel suo aspetto generalistico la politica si configura come principio ordinatore e regolatore delle altre sintesi rispettandone l'autonomia.

Gramsci scriveva che "Ci può e ci deve essere una “egemonia politica” anche prima dell’andata al Governo e non bisogna contare solo sul potere e sulla forza materiale che esso dà per esercitare la direzione o egemonia politica".

Lo studioso sardo si riferiva alle classi, le quali non dovevano limitarsi al ruolo di "dominio", ma dovevo invece essere "dirigenti". Anche se visto da un'ottica rivoluzionaria, il pensiero gramisciano letto in chiave moderna è più attuale che mai e pone in primo piano la politica quale elemento ordinatore, o meglio dirigente.

Nell'ambito del rapporto tra politica e diritto si pone la questione dell'autonomia reciproca. E' evidente che il diritto abbia una sua autonomia e che la presenza di limiti giuridici al potere politico sia presente tuttavia, non è sempre vero il contrario.

Prendiamo, ad esempio, il caso della Rivoluzione. Prima dell'instaurazione finale della stessa e del cambiamento del regime il diritto considerava il nuovo regime politico come inesistente e la rivoluzione stessa come illegittima. Possiamo quindi affermare che la Rivoluzione ha creato il nuovo diritto.

Secondo Schmitt, sovrano è chi decide sullo Stato d'eccezione, ovvero la sovranità è un attributo del potere politico la cui decisione su libera da ogni vincolo normativo. "L'ordinamento giuridico non può, esso stesso, costituirne il limite, perché il sovrano "sta al di fuori dell'ordinamento giuridico normalmente vigente" (per approfondimento).

Lo Stato sospende il diritto in virtù di un «diritto di autoconservazione». La politica, dunque, può anche fungere da variabile indipendente del diritto.

Da alcuni punti di vista lo stato di eccezione si contrappone allo stato di diritto, perché si configura come una situazione in cui il diritto è sospeso. D'altro canto esso tende a situarsi in una posizione intermedia tra lo stato di natura e lo stato di diritto, assumendo un aspetto pre-giuridico.



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