venerdì 7 settembre 2007

Politica e Antipolitica, disaffezione e partitocrazia

Quattordici anni fa, era il 1993 quando il popolo italiano, stufo, annoiato, derubato della sua sovranità, di destra, di centro e di sinistra, sentenziò con una condanna inappellabile il decadimento della politica italiana e della Prima Repubblica. In quella che venne chiamata la “stagione dei referendum”, l’82,6% votò per l’abrogazione delle norme sui controlli ambientali effettuati per legge dalle USL.



Il 55,4% votò per l’abrogazione delle pene per la detenzione ad uso personale di droghe leggere. Promosso dai Radicali. Il 90,3% votò per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. L’ 89% per l’abrogazione delle norme per le nomine ai vertici delle banche pubbliche. Il 90% votò per l’abrogazione della legge che istituisce il Ministero delle Partecipazioni Statali L’82% votò per l’abrogazione della legge elettorale per il Senato per introdurre il sistema maggioritario. Il 70% votò per l’abrogazione della legge che istituisce il Ministero dell’Agricoltura. Infine, l’82% votò per l’abrogazione delle legge istitutiva del Ministero del Turismo e dello Spettacolo.

Certamente c’è stato il merito dei promotori, l’onda mediatica ed emozionale di tangentopoli, ma tralasciando per un attimo il contesto politico in cui si svolsero, potremmo tranquillamente affermare che si trattò di un ottimo lavoro di autogoverno.

Morta la Democrazia Cristiana, il 26 luglio, sempre del 1993 si scioglie e cambia nome; condannato il Partito Socialista di Craxi; punito l’intero sistema partitico, con un forte astensionismo nei successivi appuntamenti elettorali. Nelle politiche del ’92, l’astensione arriva al 25,1% in Calabria, con una media nazionale del 12,6%. Nel ’94, la media si alza di circa un punto percentuale, assestandosi al 13,8%. Nelle elezioni del 1996 si ha un dato ancora più forte e marcato, con punte di astensionismo del 30% in alcune regioni del Mezzogiorno, ed una media nazionale del 17%. Il quadriennio che va dal ’92 al ’96 si chiude lasciandosi alle spalle gli anni di Mani Pulite, della P2, dell’attacco di Cosa Nostra allo stato, del ricordo dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e di altri valorosi.

Dopo un periodo di transizione, con governi tecnici e a scadenza annuale, con cambiamenti degli assetti partitici dovuti al sistema elettorale, il secondo governo Berlusconi, dal 2001 al 2005, sarà il primo governo nella storia della Repubblica a durare 5 anni. Avviene, quindi, il superamento della “partitocrazia”, del potere dei Segretari di partito o capicorrente di decidere sulla formazione dei governi, del blocco “al centro”, della democrazia “super-mediata”. Il paese consce il “principio dell’alternanza”, viene costituito un governo di solo centro-sinistra, con un Presidente del Consiglio ex-comunista, Massimo D’Alema.

Negli ultimi anni si è poi assistito ad un mutamento del rapporto tra politica e affari, la questione è salita agli onor di cronaca, con la posizione in conflitto di interesse dell’allora Premier Silvio Berlusconi, capo di governo ed imprenditore. La questione fu affrontata con la Legge n. 215 del 2004 (Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi), e con altri provvedimenti normativi di riflesso, varate dallo stesso governo Berlusconi, ma di fatto poi non superate. Altri eventi percepiti significativamente dalla popolazione, come lo scandalo che travolse nel 2005 l’allora governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, in merito ad alcune losche vicende del mondo bancario, che coinvolsero alcuni politici ed imprenditori. Inoltre, le intercettazioni telefoniche pubblicate su alcuni quotidiani nazionali, in particolare la telefonata Fassino-Consorte, lo scandalo di Vallettopoli che riguardò anche alcuni politici, ecc. Nel corso degli ultimi anni, si è assistito solo ad una trasformazione del rapporto politica-affari, ma di fatto si è fatto poco o nulla per rendere questo rapporto più trasparente, basato su regole chiare e definite. La politica in generale ha fatto pochi passi avanti verso una maggiore eticità, e responsabilità. Se da un lato, il governo Berlusconi, ha avuto personaggi con scarso senso istituzionale o alle prime armi, dall’altro, l’ultimo governo Prodi, non ha fatto meglio, aumentando il numero delle poltrone, con pochissime donne, e con le solite facce. La stessa composizione di governo rispecchia marcatamente gli equilibri interni dei partiti. Il Ministro Nicolais, diessino campano, lo possiamo definire un bassoliniano, in nome del Governatore della Campania, Antonio Bassolino, la cui regione è stata fondamentale per la vittoria alle ultime elezioni. Bersani, fassiniano, appartenente alla corrente dei Ds vicina al segretario. Un’altra diessina, Giovanna Meandri, ministro dello sport, veltroniana.

Altri ministri seguono lo stesso principio. Un’ulteriore riflessione va fatta in merito al numero dei ministri che hanno composto gli ultimi governi, un dato significativo visto che lo potremmo definire anche come l’intensità di compromesso tra le varie forze politiche per la suddivisione, o se vogliamo spartizione, dei poteri secondo quelli che sono gli equilibri di forza elettorali, lo scenario non migliora, anzi.


Periodo
Governo
Ministri con portafoglio
Senza portafoglio
tot
1983 – 1986
I Craxi
20
8
28
Prima repubblica
1991 – 1992
VII Andreotti
22
9
31
1994 – 1995
I Berlusconi
19
6
25
Seconda Repubblica
1998 – 1999
I D’Alema
18
8
26
2001 – 2005
II Berlusconi
14
9
23
2006
II Prodi
18
8
26

Considerando i governi la cui durata è stata almeno di un anno, e con una certa stabilità, ritroviamo nel primo governo Craxi, negli anni del pentapartito, trenta ministri. Circa sei anni dopo, nel settimo ed ultimo governo Andreotti i dicasteri sono oltre trenta. Con il primo governo Berlusconi, i ministri scendono a 25, più o meno stesso risultato con D’Alema. La differenza tra il secondo Governo Berlusconi ed il secondo ed attuale governo Prodi è di tre ministri in totale. In totale ministri, vice ministri e sottosegretari con e senza portafoglio salgono a 90, a differenza di 84 del precedente governo di centro-destra. Tirate le somme, il dato rimane tendenzialmente invariato dall’inizio della Seconda Repubblica. L’attuale governo ha in effetti, come accusa l’opposizione, aumentato Ministeri e persone preposte, ma solo sensibilmente.

A confronto con altri paesi europei, tralasciando i rispettivi sistemi elettorali, Germania e Spagna contano sedici ministri; in Francia con la presidenza di Nicolas Sarkozy sono quattordici, di cui 7 uomini e 7 donne; la Svezia conta ventidue dicasteri in totale. Inoltre, gli incarichi e consulenze esterne sono limitati, e ragionevoli sono anche i compensi. Valutando sempre globalmente, non dimentichiamo le indennità dei parlamentari, tra le più alte in Europa, e la possibilità di ottenere una pensione dopo un paio d’anni di mandato. La politica intanto si interroga sul senso diffuso di disaffezione, di allentamento dei cittadini. Massimo D’Alema ha lanciato l’allarme pochi giorni fa, contro il pericolo dell’antipolitica. Il popolo del centro-sinistra si aspetta sicuramente delle risposte da questo governo, in tema di sprechi e privilegi della casta politica, per ora è riuscito solo a riunire un tavolo interministeriale. Sarebbe un bel segnale se il Parlamento adottasse dei provvedimenti per dimezzare le indennità ed eliminare la “pensione d’oro”, un segnale per un paese che continua inesorabilmente a zoppicare in tutto.

Nessun commento:

Posta un commento

I Magliari di Francesco Rosi con Sordi e Salvatori

I Magliari è un film che a prima vista sembra leggero, eppure è complesso, profondo, che impegna. Un film che ti fa alternare pensieri e ri...