lunedì 26 febbraio 2007

Indulto, non finisce qui

di Andrea Cortese, per InPolitica.net
Il provvedimento di clemenza continua a far discutere.
L’art. 79 della Costituzione Italiana regolamenta l’amnistia e l’indulto, queste devono essere approvate dal Parlamento con maggioranza dei due terzi dei componenti. Nella storia repubblicana ci sono stati 17 indulti e 17 amnistie, lo scopo è sempre lo stesso, alleggerire il carico delle carceri.
Il diciottesimo provvedimento di clemenza, con 406 SI e 94 NO è stato approvato in un momento particolare; nelle regioni del Sud Italia si vive una situazione drammatica dovuta alle mafie, nel nord Italia ci sono problemi di integrazione degli immigrati, senza contare il clima di angoscia dovuto al terrorismo internazionale, la percezione della criminalità, quindi, da parte dei cittadini è forte, si chiede soprattutto sicurezza. Intanto Amnesty International denuncia da anni la situazione di sovraffollamento delle carceri italiane, bocciando in blocco l’intero sistema carcerario.

La legge parla chiaro, il carcere deve avere l’obiettivo di riabilitare il detenuto. Uno spacciatore, un ladro che per anni ha fatto questo di mestiere può essere accolto dalla società? Io credo di si, ma solo se si avvia un processo riabilitativo in carcere, dove è possibile imparare una lingua, utilizzare un computer, prepararsi al mondo del lavoro onesto. Don Luigi Merola, è un giovane prete del quartiere di Forcella, nel cuore di Napoli, dove lo Stato fino a qualche giorno fa era assente, e le uniche istituzioni conosciute dai cittadini onesti erano e sono i boss. Certamente Don Merola non è contrario all’indulto, ma in un dibattito davanti a magistrati, politici e governanti fece una domanda semplice e a primo acchito banale << Abbiamo fatto l’indulto, e adesso? Questi ragazzi che sono usciti che fanno? Non hanno lavoro, molti non hanno casa, alcuni non hanno famiglia>>. Il vero problema di questo indulto è proprio l’assenza di una forma di recupero dei detenuti che da un giorno all’altro hanno ritrovato la libertà, senza sapere cosa fare una volta usciti.
Ma quanti sono i detenuti che hanno beneficiato del provvedimento? Inizialmente dovevano essere quindicimila circa, poi siamo saliti a ventimila, adesso sono quasi trentamila, il Ministero della Giustizia invece dice che sono meno di diciottomila. Insomma, l’altalena dei numeri che fa sfondo alle critiche della minoranza è iniziata e intanto molti magistrati chiedono che segua anche un’amnistia per non celebrare processi già di fatto conclusi.
I danni dell’indulto comunque ci sono, secondo una stima, circa 1.000 reati sarebbero stati compiuti da chi è stato scarcerato e in molte carceri il problema del sovraffollamento non è stato risolto, come a Regina Coeli. La legge Bossi-Fini, che certamente non è una buona legge, non può giustificare l’intero provvedimento, troppi compromessi, troppi reati inclusi, non ci sono solo “poveri cristi”; la bocciatura dell’emendamento che prevedeva di escludere il reato del voto di scambio, voti per soldi, è stato molto grave, hanno votato contro quasi tutti i deputanti dell’Ulivo vari astenuti e contrari solo l’IdV e An. Questo reato riguarda anche i rapporti tra mafia e politica, basti pensare che Luciano Violante (DS-Ulivo), ex presidente della Commissione parlamentare Antimafie e da anni impegnato sul fronte della lotta alla criminalità organizzata, ha abbandonato l’aula. Dopo pochi mesi anche Piero Fassino ha ammesso che il provvedimento fa parte di politica vecchia e non è stato capito, e devo dire con molto rammarico, che anche io che sono anche un iscritto al suo partito, non l’ho proprio capito, o meglio, non ho capito tutta questa grande mole di compromessi con la minoranza, si poteva fare meglio, togliere qualche reato, perdendo anche i voti di alcuni partiti, anche non raggiungendo i due terzi; ma sicuramente il governo non ne sarebbe uscito indebolito.

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